L'ACTING IN ANALISI

Egidio T. Errico • 4 aprile 2019

Nell’ acting il soggetto è completamente avvolto dall’ inconscio.
È l’inconscio a dominare il campo ed è nel pieno del suo lavoro, del suo lavoro come apparato di godimento : non si tratta della risposta nevrotica dell’inconscio, ma di una risposta che si situa nell’ambito delle perversioni e più di presso alla psicosi.

L’acting sta al posto della parola, di una parola che non può essere detta perché tagliata fuori dalla possibilità di essere rappresentata nel simbolico , di essere significantizzata, di una parola che diventa invece puro atto, ma che della dimensione della parola mantiene però il fatto che essa è comunque rivolta all’Altro, un Altro che è convocato però sul piano dell'Immaginario -sul piano dell'Io, o, come direbbe Czermark, sul piano "moique" e non su quello del Simbolico- un altro dunque con la a minuscola e che viene perciò come immobilizzato dall’acting che lo investe e spinto a rispondere allo stesso modo.

Non si tratta dunque di ordire un discorso rivolto all’Altro riconosciuto come chi è nel diritto di dare la sua risposta, ma di mettere in campo una scena nella quale l’Altro da sé è chiamato a farvi il suo ingresso come altro di sé, e a “interpretare” un ruolo che è di azione e non di parola.

L’acting è mosso dalla impossibilità per il soggetto di tollerare lo scarto, la beanza, la rifrazione tra il desiderio e la domanda: il desiderio non può farsi domanda perché nel farsi domanda non può mantenere il suo statuto originario, ma diventa inevitabilmente qualcos’altro che lascia dietro di sé un resto.

E’ questo resto che il soggetto non tollera e che funge da motore dell’acting. In altri termini è il significante della castrazione che viene qui a non poter essere riconosciuto e rimosso. Esso può essere solo precluso, rifiutato radicalmente, denegato e scisso per essere scorporato nell’atto, nel sintomo-acting, non potendo essere infilato nella catena significante .

Non è che nell'acting ci sia la negazione della castrazione , come è tipico nella soluzione nevrotica -la rimozione, c’è piuttosto il suo rifiuto radicale, un diniego: semplicemente “il soggetto non ne volle sapere” (Freud).

In altre parola l'acting è l'effetto della impossibilità a riconoscere, e tollerare, la propria " mancanza-ad-essere ": il soggetto, attraverso l'acting vuole infatti dimostrare che non esiste alcuna mancanza, che “non vi è nessun non”, tant'è che la psichiatria vede nell'acting il segno di una "incapacità a tollerare la frustrazione".

In analisi, laddove avvenga un acting, lì corrisponde dunque, nel reale , uno strappo, un buco, che è precluso e rigettato nel reale attraverso l'acting stesso, e che l’Altro è chiamato a ricucire, a orlare, a sanare. Ecco perché l’acting in analisi è sempre convocazione dell’Altro, ma non sul piano della parola, piuttosto su quello dell’atto stesso.

In analisi l’acting rivela dunque un “fuori transfert ”: è "analisi senza transfert e transfert senza analisi" dirà Lacan, un tentativo di scardinare l’analista dal registro del Simbolico per “invitarlo” a rispondere invece su quello dell’Immaginario.

La risposta dell’ analista non può essere allora una risposta di “parola”, nel senso che non può essere quella di una interpretazione classica “di contenuto”, perché egli si trova “fuori transfert”, collocato com’è sul piano dell’Immaginario e non più riconosciuto su quello del Simbolico, l’unico sul quale può costituirsi il transfert e dal quale può giungere l’interpretazione psicoanalitica che abbia un effetto di senso. Ma quella dell’analista non può essere neanche una interpretazione che si richiami alla realtà dell’atto perché sarebbe, come dice Lacan, “un’azione di psicoterapia primaria ” e non un atto psicoanalitico .

La risposta dell’analista deve essere allora quella dell’ “atto psicoanalitico” che deve poter cogliere proprio quel resto che il paziente non può rappresentare, nel senso che, come dice Lacan, se il soggetto trasforma l’atto in una parola, l’analista deve trasformare la parola in un atto. Il che significa farsi trovare e non arretrare, né contro agire, sul luogo stesso della scena dell’acting.

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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