L'ANALISTA E' (IL) MORTO
L' altro
della relazione duale
, il cosiddetto partner
, è l'altro speculare
in quanto immagine
del soggetto riflessa nell'altro. Questo altro della relazione immaginaria
, il partner, è indicato da Lacan
con la formula "i(a)" e l'analista
non può mai coincidervi, in quanto egli non è l'altro di una relazione duale, non è l'altro di una relazione intersoggettiva
, ma è l' Altro
in quanto "terzo", in quanto quello che non occupa il posto del riflesso immaginario, ma il luogo dell'Altro nel registro del Simbolico
.
Lacan è chiaro: "L’analista, in linea di massima, non deve complicarsi la vita con un partner. È per questo motivo che diciamo che l’i(a) dell’analista deve comportarsi come un morto
. Il che vuol dire che l’analista deve sapere sempre quali sono le carte in gioco".
Con quest'affermazione, con il ricorso al morto del gioco del bridge, Lacan vuole dire, né più, né meno che l'analisi non ha niente a che vedere con le psicoterapie
della relazione intersoggettiva, perché, in analisi, il soggetto
, lì dove si aspetta di trovare l'altro della sua relazione immaginaria, trova invece un morto. Solo così l'analista, rendendosi mancante, morto appunto, nel luogo della relazione immaginaria, può scoprire le carte del paziente.
Ora la possibilità per l'analista di sopportare di essere "morto" per il proprio paziente discende direttamente da quello che Lacan chiama Il desiderio dell'analista
, che è proprio questo: il desiderio di non essere il desiderio dell'altro
, di non farsi trovare come mira del desiderio del suo analizzante. Di non costituirsi oggetto del desiderio, ma di esserne causa. Cosa che può avvenire solo se l'analista sa rendersi mancante.
Il desiderio di rendersi "morto", deve essere per l'analista più forte del desiderio di rendersi presente e soccorrevole, come avviene invece nelle psicoterapie -desiderio cui non è facile resistere perché è come un canto di sirena.
Dove invece l'analista non deve mancare è sul luogo della direzione della cura, essendo questo il solo luogo dove l'analista deve sapersi far trovare sempre vivo e presente.
Il desiderio di non essere il desiderio del proprio paziente, di essere "morto" in questo luogo, non significa però, per l'analista, trincerarsi dietro il silenzio
, ma che la sua parola deve provenire sempre da dove il paziente non se l'aspetta: la parola dell'analista non è dell'ordine della risposta, in quanto egli parla sempre da un altro luogo.
