PSICOANALISI E IMPOSTURA
In un tempo come il nostro in cui imperversa sempre di più l'arte del mentire, del far credere di essere quello che non si è, del dare fumo nell'occhio vendendo fumo, dell'ingannare tutti su tutto, delle truffe organizzate, non solo finanziarie e commerciali, ma anche di identità e di sembianti, il campo della pratica della psicoanalisi non poteva evidentemente rimanerne del tutto fuori, di non esserne toccato, lambito. Riscontriamo infatti una diffusione crescente di sedicenti psicoanalisti i quali, se pure possono esibire un titolo di "psicoterapeuta psicoanalitico", di fatto sono impostori perché mentono su altri titoli.
Già Freud aveva messo in guardia dai cosiddetti "psicoanalisti selvaggi", intendendo con questa espressione quei professionisti della psiche che, pur non avendo intrapreso una adeguata formazione, e soprattutto senza essersi sottoposti ad un'analisi personale, si improvvisavano psicoanalisti. In Italia, la legge che ha portato alla costituzione degli Albi degli psicoterapeuti, pensando di risolvere il fenomeno della psicoanalisi selvaggia, in effetti l'ha complicato in quanto, come sappiamo, sono proliferate scuole di formazione le quali, benché legittimate in termini di legge, di fatto hanno permesso percorsi formativi, almeno in ambito psicoanalitico, alquanto discutibili, tant'è che alcune, pur di avere iscritti, consentono il conseguimento del titolo di "psicoanalista" anche senza un'analisi personale. In questo modo assistiamo ad una sempre più diffusa presenza nel "mercato delle psicoterapie" di cosiddetti psicoanalisti i quali, se da una parte possono accampare il titolo di specialista in psicoterapia psicoanalitica valido a tutti gli effetti di legge, di fatto psicoanalisti non possono essere considerati, dal momento che, come sappiamo analisti si diventa attraverso un'analisi seria, rigorosa, che metta in condizione un soggetto di poter dimostrare di esserlo diventato effettivamente. Come? Non tanto attraverso l'esibizione dei titoli e dei certificati, non attraverso le carte, bensì attraverso la testimonianza di essere in grado di operare all'interno di un'etica che lo obbliga prima di tutto alla verità, e poi al rispetto dell'altro. Questa etica incarnata nello psicoanalista è ciò che Lacan chiama il desiderio dell'analista. Ora come può essere mai considerato psicoanalista colui che, anche se in grado di certificare un'analisi personale e una iscrizione ad un albo di psicoterapeuta, mente poi sui suoi titoli accademici e su appartenenze societarie? Per questo, visto che allora, purtroppo, il regime dell'impostura ha imparato ad occultarsi abilmente anche tra coloro che praticano la psicoanalisi, sarebbe bene che chiunque volesse intraprendere una cura psicoanalitica, prima di affidarsi a chiunque dichiari di essere "questo o quello", o di appartenere a questa o a quella Società psicoanalitica, verifichi l'esattezza e la veridicità di tali dichiarazioni, e se scopre che esse non corrispondono al vero, allora, se proprio non se la sente di denunciare l'impostore, almeno scappi a gambe levate, tenendo anche presente che l'impostore ha una prodigiosa capacità di sedurre, di affascinare, di ingannare, di illudere, di stregare, di rassicurare; di scoprire quello che il suo pubblico è pronto a credere ed è avido di sentirsi dire. Quindi tutt'altro, anzi il contrario, di uno psicoanalista!
