L'ATTACCO DI PANICO
Una malattia del Significante
Spesso sentiamo dai nostri pazienti
in analisi
descrivere l' attacco di panico
, non solo come una situazione avvertita di morte imminente
con intense e drammatiche manifestazioni somatiche
(sudorazione, tachicardia, nausea ecc.), ma anche come uno stato soggettivo di perplessità, di senso di smarrimento
nel mondo, di perdita acuta di senso: "chi sono?", "che sta succedendo?", "che ci faccio qui?", "dove mi trovo?" eccetera.
Sembra dunque che il soggetto si ritrovi, all'improvviso, nella drammatica condizione di una acuta perdita di senso, in quanto egli sembra non riuscire più a dare una significazione all'esperienza che sta vivendo in quel momento.
Come possiamo allora spiegarci questo fenomeno?
Personalmente trovo estremamente utile, per la clinica e anche per la corretta posizione dell'analista, considerare la questione degli attacchi di panico, i cosiddetti DAP
, dal punto di vista del Significante
o, per meglio dire, dal lato del Nome-del-Padre
, vale a dire di quella funzione simbolica, collegata al Padre -alla figura paterna- che consiste proprio nella possibilità di disporre dei codici simbolici che, più o meno come se fossero delle password
, ci permettono di poter entrare
nella esperienza nuova di quel momento, e di poterla significare.
Chi soffre di DAP è come se non disponesse delle password
adeguate, delle credenziali per comprendere l'esperienza, di quei titoli per affrontare il mondo, per sapersela sbrogliare da soli nelle situazioni nuove e impreviste, e che il padre al momento giusto dovrebbe aver messo "nelle nostre tasche".
Se cioè vediamo la cosa dal punto di vista strutturale
, e non da quello esistenziale-fenomenologico
, possiamo renderci conto -ascoltando il paziente- che quello che sta avvenendo durante il DAP non è altro che una battuta d'arresto della catena significante
presso il soggetto: di fronte ad una esperienza soggettiva che richiede una significazione nuova, sembra venire a mancare il significante adatto, di conseguenza il soggetto è come acutamente attraversato dalla improvvisa perdita di senso di ciò che sta vivendo in quel momento. "Che significa questo?", "Che ci faccio qui?" sono appunto gli interrogativi drammatici che testimoniano della perdita del senso, e dove vi è perdita di senso ci si ritrova dolorosamente esposti al reale
, avvertito in tutta la sua angosciosa incomprensibilità e che sembra risucchiare il soggetto stesso come in un buco nero.
Siccome, però, il significante non serve solo a simbolizzare
il reale, ma anche ad annodare a sé il godimento
(vedi il secondo paradigma del godimento d J. A. Miller
), ecco che quando non si dispone più del significante ci si ritrova anche in preda ad un godimento che sembra andarsene per conto suo. Venendo meno quella significazione che può fare da argine al godimento, esso, di conseguenza, subisce un vero e proprio "collassare" nel corpo: le manifestazioni psicosomatiche
tipiche dei DAP (sudorazione, nodo alla gola, tachicardia, fino alla sensazione acuta di morire) altro non sono che i tentativi del soggetto -non disponendo più del significante- di delocalizzare e annodare il godimento nel corpo. Il corpo infatti, durante un DAP, è come erotizzato
e i sintomi riproducono, se pur in modo altamente drammatico, le stesse manifestazioni somatiche che si accompagnano al godimento sessuale.
Analogamente, i tentativi di richiamarsi a ciò che è familiare, di evocare punti di riferimento noti e sicuri, o di convocare l'Altro come punto di appoggio, rappresentano gli sforzi del panicato di ricucire e avviare la catena significante interrotta, affinché possa ritrovarvi un effetto di senso.
L'Attacco di Panico può dunque esser visto come una "malattia del Significante" conseguente alla venuta meno del Nome-del-Padre. In altri termini, l'assenza di un significante, di quel Significante (di un S1), che viene meno proprio quando serve, e dunque, in linea con quello che dice Lacan -che del padre se ne può fare a meno a patto di sapersene servire-
nel caso del panicato, invece, assistiamo piuttosto alla impossibilità di servirsene quando esso manca.
