L'inconscio e le neuroscienze

Egidio T. Errico • 7 gennaio 2023

Perché l'inconscio non può avere un suo corrispettivo neurofisiologico

Se è ovvio che senza il biologico non può esservi l'inconscio, non può esser ritenuto altrettanto ovvio che l'inconscio possa in qualche modo coincidervi, ridursi ad esso o trovarvi la base che ne permetta la dimostrazione.

Il biologico non può fornire in alcun modo la prova dell'esistenza dell'inconscio, e dunque non può neanche dimostrarne l'insussistenza, né tanto più sostituirvisi.

Perché? Perché
l'inconscio, come dice Lacan, è etico, non ontico.

Vale a dire che
l'inconscio non può essere concepito come una sostanza, un sacco, un serbatoio dove vadano a finire ricordi, traumi, oppure i desideri respinti dalla coscienza, il rimosso, di conseguenza non si può immaginare l'esistenza di un corrispettivo neuronale dell'inconscio, ossia l'inconscio non può essere una localizzazione neurofisiologica del cervello.

L'inconscio, piuttosto, è una
manifestazione dell'essere, un possibile diverso modo attraverso cui un soggetto parla e dice di sé in un modo "altro" rispetto al linguaggio condiviso, e per lo più attraverso un "vuoto", un "intoppo", un "mancamento" nella struttura del linguaggio.

L'inconscio è ciò che al linguaggio viene a mancare per essere detto in altro modo (sogno, lapsus, sintomo).

Dunque, il rapporto tra l'inconscio e la struttura neuronale è lo stesso che può esserci tra questa e il senso di un discorso: occorre un neurone perché si articoli la parola, ma quello che la parola vuol dire non lo si può trovare nel neurone, esattamente come il senso di un film trasmesso dalla televisione non lo si può trovare nella scheda video del televisore, che pure è indispensabile perché quel film possa essere trasmesso e offerto alla visione dello spettatore.

Analogamente, se
l'inconscio è ciò che viene detto in altro modo, o ciò che al linguaggio viene a mancare, questo "inceppo" del discorso non può essere attribuito ad una presunta "disfunzione" del neurone, esattamente come quello che un film vuole dire, oppure ad esempio il senso della l'inserzione, nella sua trama, di un flashback, non lo si trova in un difetto della scheda video, ma nelle intenzioni del regista.

Ecco, i neuro-cognitivi vorrebbero sdoganare un errore logico di questo genere: pretendere di trovare nel neurone le intenzioni di senso che un soggetto esprime o fa mancare nel modo di mettere in parola il proprio discorso.

In altri termini,
l'inconscio non sussiste se non attraverso quel dire - le libere associazioni - che un soggetto, in analisi e sotto transfert, indirizza al proprio analista, in analisi dunque, che per questo è il solo luogo in cui l'inconscio può trovare la propria dimostrazione.

www.egidioerrico.com

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Ma cos'è questo Fantasma di cui tanto si parla in psicoanalisi e non solo - anche se in altri ambiti per lo più declinato al plurale? Per dirla nella maniera più semplice possibile, il Fantasma, il Fantasma fondamentale per meglio dire, può essere immaginato come una sorta di griglia, di "schema" articolato, per lo più inconscio, attraverso cui affrontiamo, viviamo, interpretiamo la realtà che ci circonda, in particolare le nostre relazioni con l'Altro (e con noi stessi). Possiamo dire che il Fantasma è il modo attraverso cui il soggetto si suppone per l'Altro e come ritiene che l'Altro a sua volta lo supponga : una sorta di lente che interponiamo tra noi e il mondo e attraverso la quale filtriamo l'esperienza che ne facciamo. In altre parole, il Fantasma - che ognuno si costruisce a modo suo a partire sin dalle su più precoci esperienze di vita - è ciò che condiziona il modo attraverso cui ognuno di noi vive la propria vita, da quando è piccolo, fino a quando muore. Per Lacan, però, il Fantasma è almeno altre due cose: 1) una sorta di piattaforma "girevole" entro cui circola, si muove, "corre come un furetto", il desiderio , cercando continuamente dove collocarsi e soprattutto come uscirne; 2) una struttura che conferisce consistenza al soggetto , soprattutto quando deve affrontare ciò che non conosce, ciò di fronte a cui può sentirsi solo e perso, vale a dire il Reale , il reale soprattutto del proprio desiderio. Il Fantasma è dunque non solo ciò che ci condiziona e ci imbriglia, ma anche ciò che ci sostiene nei momenti decisivi. Lacan collega dunque il Fantasma al desiderio in quanto è attraverso di esso che il soggetto si illude di intravedere e acciuffare l'oggetto del proprio desiderio: " E' nelle maglie dell'articolazione del fantasma soggettivo che il desiderio compie i suoi giri senza trovarvi mai un punto di arresto: se è nel fantasma che il soggetto cerca da una parte l'aggancio del suo desiderio verso l'Altro, è nel fantasma stesso che vi trova dall'altra la difesa nei confronti dell'angoscia di precipitarvi del tutto ." (Lacan) Vuole dire che, se, da una parte, il Fantasma ci permette di tendere verso l'Altro , l'Altro del nostro desiderio, dall'altra, esso è anche ciò che ci permette di non "precipitarvi del tutto", per questo, nella famosa formula del fantasma ($◇⍺) , Lacan, tra il Soggetto ($) e l'oggetto del desidero (⍺) sceglie il "punzone" (◇) che indica una relazione di attrazione e di respingimento al tempo stesso. Ora, in conseguenza dell'esistenza del Fantasma soggettivo, il rapporto col mondo non può essere mai del tutto obiettivo e mai diretto, ma è sempre mediato, e dunque un po' "distorto" e "interferito" dal Fantasma stesso. E' soltanto attraverso l'esperienza psicoanalitica che si viene prima o poi a sapere di questo fantasma, e a riconoscerlo come proprio. Ed è soltanto in analisi che arrivare a riconoscere il proprio Fantasma, il poterci fare i conti, il poterlo "attraversare", come dice Lacan, ci aiutano a farci capire -e anche cambiare- molte cose di noi, il nostro modo di vivere, il nostro modo di amare e di godere, il nostro modo di stare al mondo, con i nostri simili, in maniera più sopportabile. #fantasmasoggettivo #fantasmafondamentale #desiderio #reale #esperienzasoggettiva
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