INCONSCIO
Dalle lezioni agli studenti
"...Voi capite che quando il paziente viene da noi ci porta l’ inconscio , ma anche se lavorate come cognitivisti vi porta l’inconscio, solo che noi, in quanto analisti, almeno abbiamo una marcia in più: ne sappiamo qualcosa di più dell’Inconscio. Almeno sappiamo che esiste, che vuole esistere anche a dispetto del soggetto.
C’è un inconscio che è corretto chiamare transferale , che è l’inconscio dove il soggetto porta le sue prob lematiche sul desiderio e vi si interroga: cosa voglio? Chi sono? Ho fatto questo sogno, che vorrà dire? Sono uscito con la mia ragazza e poi abbiamo litigato, perché mai? Nel ritornare a casa ho sbagliato strada, mai successo, come mai proprio questa volta? Ecco, l’inconscio organizzato come un discorso di cui comunque in qualche modo riconosco di esserne il soggetto, anche se non ne so molto, e però ne vorrei sapere, e metto dunque l’analista nella posizione di colui che sa, che mi può dare delle risposte. Quindi è l’inconscio organizzato come un discorso , è l’inconscio che parla, è l’inconscio che produce senso, è l’inconscio che interpreta finanche: sembra che sia l’analista a farlo, ma è l’inconscio che ha già interpretato nel momento stesso in cui noi ci chiediamo: che vuol dire? “Che vuol dire?” è già una interpretazione, in quanto una domanda che contiene una risposta. Una risposta rimossa. E che bisogna tirare fuori.
E poi ci sono soggetti che portano all’analista un’altra cosa, una cosa contraria alla interrogazione soggettiva, invece che un “che vuol dire questo?” portano un “ non ne voglio sapere nulla, voglio solo guarire e nel più breve tempo possibile ”. E dunque che inconscio è questo? Noi lo chiamiamo “Inconscio non transferale ”, un inconscio cioè che non arriva a costituirsi come discorso che può essere trasferito all’Altro. Se l’Inconscio transferale è l’Inconscio che non si sa di sapere, l’Inconscio non transferale è un inconscio di cui si sa di non voler sapere. L’inconscio delle pulsioni , che se pur entrano nella catena significante, non vi entrano per essere messe in parola, in quanto più che un sapere soggettivo assicurano un godimento, un godimento che si ha lì dove non si parla, come diciamo noi. E noi vorremmo che un soggetto invece arrivi a poter godere lì dove egli parla..."
