MANCANZA E PRIVAZIONE
Nell'accezione psicoanalitica -in particolare Freudiana
e Lacaniana
- la privazione
riguarda una mancanza reale, vale a dire si configura come un buco
, la privazione di un bene necessario per vivere (il pane per esempio, oppure quello che posso desiderare sul piano simbolico
e che realmente mi manca sul piano del reale
: un buon libro, un'amicizia ecc.), mentre la mancanza
si colloca sul piano simbolico e riguarda un oggetto immaginario
: è ciò che inevitabilmente ci riguarda come soggetti che abbiamo attraversato l' Edipo
, che siamo cioè stati raggiunti dal detto dell' Altro
, assumendo lo statuto di soggetto diviso
, barrato
, quindi strutturalmente mancante, mancante-ad-essere
, dirà Lacan. Come mancante è comunque il nostro linguaggio,
nella misura in cui si costituisce come effetto della castrazione
: linguaggio che non può mai arrivare a dir tutto, a dir tutta le verità, che per questo può esser detta solo a metà. Insomma in quanto esseri umani ci costituiamo a partire da una perdita
, dunque da una mancanza originaria.
.Questa mancanza è più propriamente detta castrazione, e dunque non andrebbe confusa con la privazione, altrimenti si corre il rischio di cercare di riempire la mancanza di un oggetto immaginario mediante oggetti reali, come i gadget
, per esempio,che dunque svolgerebbero solo la funzione illusoria, perché impossibile, di sostituire l' oggetto immaginario
con un oggetto reale
appunto, come purtroppo oggi è ampiamente diffuso. Insomma si tratta di una mancanza, la castrazione, che va, più che tollerata, direi coltivata in quanto condizione ineludibile della capacità di desiderare
. Poi è ovvio che nel linguaggio comune privazione e mancanza sono considerati sinonimi, ma più correttamente si dovrebbe distinguere tra la privazione e la castrazione, intendendole come le due figure -opposte- della mancanza.
